“Mi abbandono alla febbre dei sogni, alla ricerca di nuove leggi.” – Antonin Artaud
Esiste un importante settore nel panorama teatrale che utilizza lo strumento “teatro” come catalizzatore di processi di consapevolezza e crescita. Colloca la propria ricerca all’interno di percorsi dediti allo sviluppo del potenziale della persona, all’affermazione del diritto alla cittadinanza, specie in situazioni di stigma e marginalità sociale.
Nel contesto socio-sanitario al termine “teatro” spesso viene accostata la parola “terapia”. Questa, nel senso più anglo-sassone del termine, significa prendersi cura, to care for, mentre in italiano tende a predominare il significato “rendere un trattamento”.
Dunque la “teatroterapia”, nel senso inglese della parola, assume tutt’altra connotazione, per niente “sanitarizzata”.
Comunque sia, è chiaro che ci riferiamo a un teatro che si PRENDE CURA della persona, e che attraverso percorsi di auto-conoscenza ed espressione fa del proprio RISCATTO SOCIALE un potente ELEMENTO TRASFORMATIVO .
Che si tratti di contrastare lo stigma, conquistare dei diritti, o guarire, il teatro trasformativo pone la ricerca di sé all’interno di un progetto sociale, comunitario, dedicandosi allo sviluppo di percorsi e processi atti a connettere l’uomo al mondo che lo circonda, il sé all’altro.
E’ un percorso di crescita e di sviluppo di abilità cognitive, comunicative, relazionali, le cui finalità pedagogiche sono quelle di favorire l’espressione, la comunicazione, la conoscenza di sè e dell’altro.
A tal fine, nella teatroterapia sono favoriti:
- i processi di crescita delle abilità motorie, psichiche e relazionali e la loro integrazione nel gruppo di lavoro,
- il dialogo tra componenti razionali e dimensioni creative,
- l’apprendimento, la progettazione e la realizzazione di strumenti artistico-comunicativi,
- la valorizzazione delle singolarità creative,
- la mediazione dei rapporti in situazioni di difficoltà e di conflitto,
- gli interventi per dare risposte sempre più concrete e mirate ai bisogni di comunicazione e socializzazione di ciascun partecipante,
- la collaborazione nel gruppo,
- l’ascolto, lo spirito di osservazione e quello di esplorazione in un setting non giudicante,
- la creatività manipolativa e immaginativa.
I percorsi di teatroterapia
I percorsi di teatro in ambito terapeutico, che chiamerei teatro trasformativo, cambiano a seconda delle persone nel gruppo e degli obiettivi che si pongono.
Comunque, generalmente un itinerario base segue il seguente percorso.
Nella prima fase si lavora per costituire un gruppo solido e compatto, fatto da persone capaci di mettersi in gioco, di entrare in empatia l’uno con l’altro, di sostenere momenti di lavoro anche intenso, e di poter svolgere percorsi strutturati che richiedono concentrazione e capacità motoria. Si crea la zona franca, “lo spazio vuoto”.
Successivamente, dopo aver creato situazioni in cui ciascuno riesce a evocare e condividere le proprie esperienze, i propri vissuti, si lavora per rinforzare il clima protettivo, di non giudizio, nella zona franca, apprendendo nel contempo le regole del teatro e perfezionando gli strumenti della comunicazione. Attraverso un lento processo di auto-esplorazione, gioco, improvvisazione e scrittura scenica di gruppo, nasce spesso l’esigenza di sperimentarsi nei confronti di un pubblico con l’allestimento di una performance teatrale.
Inizia una fase di elaborazione per individuare quali messaggi o vissuti debbano emergere come filo conduttore per una ricerca artistica, teatrale. Si cerca di dare espressione ai vissuti portati nel gruppo e alle tematiche esplorate, mettendo in scena momenti teatralmente significativi, creando un segno più o meno coerente con il tema o il filo portante della ricerca. Il gruppo si prepara a varcare la soglia della “quarta parete”, cioè, affrontare lo spettatore.
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