CONTAGI (settembre/ottobre 2013)
Nella prima fase del progetto in cui si articola il Cantiere delle differenze, denominata “contagi”, abbiamo esposto le motivazioni, lo spirito e gli obiettivi del programma alle varie associazioni del territorio comunale, enti e individui d’area vasta che hanno risposto al nostro invito, aprendoci, a nostra volta, alle esigenze, alle dinamiche e ai bisogni restituiteci da esse. Come meglio specificato nella precedente relazione, attinente il primo modulo, abbiamo coinvolto un vasto strato associativo, gruppi di interesse, scuole, persone appassionate al teatro o interessate a partecipare ad un progetto artistico legato al sociale: la varietà e l’ampiezza delle realtà coinvolte nella fase propedeutica ha consentito di tradurre concretamente l’ipotesi progettuale adattandola al contesto territoriale in una dimensione interprovinciale che ha creato, nel Comune di Capannori, un punto di riferimento capace di accogliere bisogni locali e coinvolgere territori limitrofi (la lucchesia, l’alta Garfagnana, Pisa, Viareggio, il pistoiese). Nonostante le peculiarità i di ciascun gruppo, con problematiche, utenze e programmi molto diversi tra loro, e nonostante la mancanza di un approdo sicuro, se pur in un’acquisita fiducia da parte nostra nell’esplorazione teatrale e nella sua capacità di scoprire le coerenze nelle apparenti incoerenze, il clima generale alla fine degli incontri preparatori fu di un’incosciente positività e fiducia nella prospettiva di lavoro proposta. Si parte!
IL LABORATORIO TEATRALE – FASE PROPEDEUTICA AL LAVORO DELL’ATTORE (ottobre/dicembre 2013)
Con questo spirito ci siamo tuffati nella seconda fase del progetto, il laboratorio teatrale. Una cinquantina di persone provenienti da diversi contesti e territori: utenti psichiatrici, studenti medi e universitari, professori, operatori socio-sanitari, artisti e semplici cittadini interessati alla proposta artistica e sociale hanno condiviso la prima fase di lavoro incentrata sulle dinamiche di gruppo e sulla necessità di formare un collettivo variegato, in grado di accogliere e valorizzare le identità personali e la coralità dell’insieme. Le parole d’ordine che meglio definiscono questo percorso iniziale sono: zona franca, cerchio protetto, abbandono del giudizio, corpo, emozioni, seguire le proprie sensazioni, le proprie pulsioni, il fluire, i ritmi, le sub personalità che compongono il carattere, le nostre storie, l’esplorazione del sé, la condivisione, la fiducia, l’espressione corporea, la spontaneità, la capacità di visualizzare, staticità e movimento, la sincronicità, l’espressione vocale, la comunicazione non verbale. Ognuno di questi concetti meriterebbe un capitolo intero, ma ci limiteremo a definire questa fase come la “fase propedeutica al lavoro dell’attore”.
LA NASCITA DI UN ORGANISMO (gennaio/febbraio 2014)
Possiamo definire la terza fase come la nascita di un vero e proprio organismo, mentre i primi vagiti di una poetica di gruppo incominciano a farsi sentire. Alcune storie personali riescono a emergere e ad accendere l’immaginazione collettiva del gruppo. Il racconto della principessa avvelenata proferito da Augustine, uomo Nigeriano, che narra la storia di un re che offre la mano di sua figlia avvelenata a chiunque riesca a salvarle la vita, trovando, in mezzo alla giungla, il calice purificatore. La regina negata, il racconto dell’ostracismo perpetrato a una ragazzina della Garfagnana, esclusa da tutti per colpa della psoriasi che squamava la sua pelle, anima nobile e gentile, chiamata “il mostro” dai suoi compagni. Il racconto non-verbale di un vero principe, Abdullahi del Senegal, regale ed elegante che esprimeva amore e accoglimento nel suo castello di pace. Le difficoltà espressive di molti, sciolte poi nel gioco di un teatro che finge verità irreali senza mai falsificare nulla, scavando nei misteri che si celano nell’Alterità di ciascuno di noi. Nel Don Chisciottiano capannorese, legato al mondo da una serie di frasi fatte e vuote, che appena si accorge di essere stato scoperto si ritorce contro l’interlocutore con una bestemmia che sembra non avere così tanta distanza da una preghiera. E gli studenti, belli, giovani ma forse già condannati a prepararsi, come in una farsa, per un futuro umano e professionale che, con ogni probabilità, si farà beffa delle loro competenze. Oppure gli adolescenti in difficoltà, insegnanti alla ricerca di scoperte sempre nuove. Storie personali che raccontano, con diverse traiettorie, le tante storie di un rifiuto, dei come la società scarta ciò che non corrisponde ai canoni della mercificazione e del consumo.
BIO/DIVERSI – IL RIFIUTO NELL’ERA DELLA DISCARICA (marzo/giugno 2014)
Il comune denominatore per la nostra ricerca divenne “il rifiuto” e il setting del nostro racconto divenne necessariamente, la discarica. E noi, un’accozzaglia di realtà, di provenienze, di condizioni di vita, di ceti sociali, di religioni, di generi, di età e di colori della pelle, accomunati dalla sola appartenenza alla specie umana e dalla voglia di condividere un tratto di cammino: i biodiversi.
Abbiamo incominciato a esplorare il “rifiuto” in noi e a creare le regole della discarica…le regole di una società avvelenata dal proprio rifiuto. E nel paradosso più eclatante, chi accumula più rifiuto detiene il potere e spartisce i favori a chi ne detiene meno. E il paradosso si perpetua, perché nella discarica il potere stesso genera veleno, e il popolo cerca la cura per la propria condizione nel focolaio stesso del contagio.
I Principi della discarica, simboli del potere, dettano il ritmo della danza macabra e creano le regole del gioco, smistando certificati di appartenenza a loro piacimento e a loro somiglianza.
Finché la Regina Negata alza lo sguardo e “vede” per la prima volta il recinto che circonda la discarica e guarda fuori: forse c’è vita fuori della discarica? Il Principe della Pace e della Preghiera, ben intenzionato, che in qualche maniera prende coscienza della condizione umana, nonostante i miseri privilegi di cui gode, cerca di condividere l’acqua pulita che egli custodisce in una brocca ben appartata, quasi fosse la sostanza magica capace di purificare il veleno. Ma nella discarica l’acqua pura diventa sabbia e la speranza di un calice salvifico s’infrange al suolo in mille schegge e come una scossa prodotta da un corto circuito, il popolo della discarica vede, per la prima volta, i recinti della propria prigione e nell’atto stesso del prendere consapevolezza la trasformazione avviene: la dea dell’acqua, in una sorta di visitazione onirica, scavalca il recinto della discarica, spruzzando e segnando ciascun individuo con acqua limpida, per poi sparire, lasciando il popolo della discarica davanti ad una scelta chiara, ovvia: uscire.
E con nuovi occhi, de-ipnotizzati, come fossero risvegliati da un incubo, il popolo della discarica varca la soglia della propria prigione, e i Principi, rimasti aggrappati ai loro simboli di potere, che ora si svelano per quello che erano…rifiuti…rimangono come dei tristi relitti di un’era passata…l’era della discarica.