Per la regia di Satyamo Hernandez e la consulenza teorico-scientifica di Mario Betti
eriore. Lo scarafaggio, lo scorpione, la farfalla, la mantide religiosa, il ragno, l’aragosta, il granchio, i piccoli animali invertebrati, nostri coinquilini ubiquitari, sono esseri cui l’uomo guarda spesso con ostilità e diffidenza e dai quali tende a prendere le distanze. Sembrano appartenere a mondi diversi e inquietanti ma, al tempo stesso, li sentiamo drammaticamente vicini, a contatto con la pelle.
Quando una persona si sente rifiutata, minacciata o squalificata dagli altri, possono subentrare sentimenti di inadeguatezza talmente avvilenti da risultare intollerabili. Queste parti inaccettabili di sé vengono allora scisse e allontanate dalla coscienza, ossia rimosse. In questo modo ci difendiamo dai sentimenti di vergogna, di abiezione, di inutilità, evitando di sentire su di noi il rifiuto e il disprezzo.
Le parti rimosse vengono poi proiettate, ossia attribuite ad esseri viventi esterni che sentiamo “diversi” ed “estranei”, come appunto gli insetti. L’insetto diviene allora il ricettacolo delle parti di noi stessi che disprezziamo e non vogliamo sentire.
L’atto entomico, tramite l’identificazione col piccolo animale, riconnette il soggetto con quella parte di sé che era stata scissa e rimossa e che, in questo modo, può essere rivitalizzata e integrata, risolvendo conflitti interiori e stati d’angoscia.
I Passi Magici sono azioni cariche di intento che inducono uno sconvolgimento interiore ed una trasformazione repentina. Sono una distillazione onirica e ritualizzata, che segue le orme di Gregorio Samsa, uomo di ordinaria quotidianità, che si trova d’improvviso tramutato in un enorme scarafaggio; oppure di Aracne, donna di grande estro creativo, trasformata in ragno dalla gelosa dea Atena; oppure di Chuang Tzu, che sogna una splendida farfalla e condivide il suo dilemma: “sono stato io a sognare la farfalla, o è la farfalla che sta sognando me?”
Le Danze entomiche ci trascinano in un gioco interattivo di risonanze, che smuovono nuclei di sofferenza stagnante. Nel fluire dei vortici emozionali, si toccano esperienze dolorose e si dischiude l’immedesimazione con ciò che sentiamo avverso o estraneo. Ci è consentito, così, di assurgere ad una situazione esistenziale di profonda connessione, superando giudizi e stigma per arrivare ad una pienezza dell’essere. Si persegue quella condizione che gli antichi Greci chiamavano, “eudaimonia” e che non va intesa come una semplice soddisfazione personale ma come un vissuto di serenità e di armonia, che ci fa sentire in sintonia con la natura e l’universo che ci circonda.